Capacità negativa, autenticità e fiducia in psicoanalisi parte II

Pubblicato il 4 ottobre 2008 in Psicoanalisi

In questo senso l’autenticità dell’analista che può concretizzarsi, secondo l’ottica relazionale, attraverso enactment, momenti di self-disclousure e svelamenti controtransferali, svolge un ruolo chiave per il superamento di momenti impasse terapeutica e/o di profondi e trasformativi insight relazionali.L’autenticità sembra avvicinarsi al concetto di coinvolgimento autentico e di una relazione emozionante per la coppia analitica.La capacità negativa in questo panorama teorico-tecnico, rappresenta un modo autentico di stare nella relazione ed al tempo stesso una sospensione dell’azione interpretativa che veicola al paziente coinvolgimento, presa di distanza da vissuti onnipotenti ed idealizzazioni forti nei confronti dell’analista e capacità di tollerare le nebbie in cui a volte ci si sente avvolti.Ovviamente legato all’autenticità e alla capacità negativa è il concetto di fede/fiducia; la fiducia e la fede autentiche nei propri modelli teorici di riferimento, nelle proprie capacità professionali, nella relazione con quel paziente, permettono l’acquisizione della capacità negativa e veicolano al paziente speranza, fiducia e competenza.In questo senso sembra come se in alcuni momenti la funziona alfa richieda più tempo per elaborare gli elementi beta e la capacità negativa consente questo passaggio più complesso.Un ultima riflessione che mi ha suscitato la trattazione di questi argomenti riguarda la definizione di psicoanalisi come forma d’arte.In un certo senso la ricerca della verità analitica è simile alla ricerca della verità poetica di cui parlava Keats. Molti autori recenti, appartenenti a diverse correnti di pensiero psicoanalitico che sento a me vicine, sostengono come sia più importante la funzione dell’interpretazione intesa come sforzo della mente dell’altro di riflettere, formulare ipotesi, mettere insieme, connettere espressione di un’altra mente (funzione riflessiva) piuttosto che il suo contenuto. Anche Mitchell sostiene come il pensiero su determinati contenuti, e l’interazione che nasce intorno a particolari emozioni sia il nucleo centrale dell’analisi, piuttosto che le singole spiegazioni ed interpretazioni ricostruttive e gnoseologiche: quello che sta succedendo è più importante delle risposte alle domande esplicite del paziente.Dunque l’autentica partecipazione della coppia analitica al processo terapeutico e la capacità di stare nella nebbia con fiducia rappresentano due punti chiave di modelli teorici e della pratica clinica che sento di condividere; l’antica domanda di matrice freudiana “che cosa significa questo” può essere sostituita, o meglio affiancata e forse preceduta, dal “che cosa sta succedendo ora”.

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