Capacità negativa, autenticità e fiducia in psicoanalisi parte I

Pubblicato il 29 settembre 2008 in Psicoanalisi

La teoria della Capacità Negativa fu espressa nella sua lettera a George e Thomas Keats datata 21 dicembre 1817.

« Non ebbi una disputa, ma una disquisizione con Dilke su vari soggetti; parecchie cose si sono biforcate nella mia mente e all’improvviso compresi quali qualità vadano a formare un Uomo di Successo, particolarmente in letteratura, e che Shakespeare le possedette così largamente – intendo la “Capacità Negativa”, cioè quando un uomo sia capace di rimanere in incertezze, Misteri, dubbi senza alcun irritante raggiungimento a seguito di fatti e raziocinio. »

(Lettera a George e Thomas Keats).

Keats credeva che i grandi uomini (specialmente i poeti, che egli considerava quasi su un altro livello rispetto al resto dell’umanità) dovessero avere la capacità di tollerare l’incertezza della vita, di rimanere sospesi in certi momenti mantenendo un atteggiamento negativo, in senso di astensione dal conoscere razionale gnoseologico. Keats apparteneva al romanticismo inglese ed era convinto che la verità non risiedesse nella scienza o nel ragionamento filosofico, ma nell’arte; in essa lo scopo non è, come nella scienza, risolvere problemi, ma piuttosto esplorarli. Dunque l’accettare che possa non esserci una soluzione a problemi pressanti è importante per gli artisti.

Questo concetto così chiaramente espresso dal poeta londinese viene reso notazione tecnica da Bion, all’interno del suo modello psicoanalitico in cui la funzione di contenimento, anche di qualcosa di non bene definito, rimane centrale per il processo terapeutico.

Mitchell teorico ed esponente della psicoanalisi relazionale, individua nella spontaneità dell’interazione – della relazione – nel qui ed ora l’elemento centrale del lavoro analitico; egli sottolinea come le regole classiche di astinenza, neutralità ed anonimato, che caratterizzavano la psicoanalisi del secolo scorso e che tuttora rappresentano un importante riferimento per alcuni indirizzi analitici (kleiniano ad esempio), siano legate ad una tradizione positivista del pensiero; in altre parole svolgerebbero la funzione di garanti di oggettività e quindi di scientificità. Mitchell ritiene, però, che tali regole abbiano perso il loro valore culturale e terapeutico e che oggi, i diversi cambiamenti sociali e teorici, impongano una riflessione ed una revisione di esse. Egli è convinto che un atteggiamento neutrale, astinente ed anonimo non  sia un atteggiamento neutro e oggettivo, ma attivo! Nella relazione tali regole non tutelano l‘analista da errori tecnici, garantendogli la purezza del setting e la gestione corretta del controtransfert, ma sono azioni, spesso espulsioni.

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