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“Non esiste niente come il bambino”. Con questa frase lo psicoanalista inglese Winnicott sintetizzava il suo pensiero riguardo lo sviluppo psichico e fisico del bambino: il bambino in sé non esiste, esiste il bambino e l’ambiente in cui egli cresce, composto principalmente dalle cure materne.
Partendo da questa importantissima osservazione riteniamo dunque essenziale considerare centrali per la crescita sana del bambino il ruolo della madre e di tutte quelle figure deputate all’educazione e allo sviluppo psicofisico del bambino stesso.
I principali modelli psicologici riguardo lo sviluppo del bambino traggono origine dalla teoria psicoanalitica, in particolare dalla corrente delle relazioni oggettuali nata in Inghilterra intorno agli anni ’30 ad opera di Melanie Klein.
Il modello psicoanalitico classico di Freud considerava la relazione con l’altro come un mezzo attraverso cui il singolo individuo riusciva a soddisfare la spinta pulsionale – aggressiva e/o libidica – tramite la scarica della pulsione stessa.
La Klein nel suo modello ipotizzò, invece, la presenza di oggetti interni – quindi di predisposizione alla relazionalità – all’interno della struttura psichica del bambino fin dalla nascita.
Questo orientamento innato alla relazione con l’altro – in primis la madre – costituisce il background su cui si sviluppano le teorie dello sviluppo psicologico del bambino, i cui principali esponenti possono essere considerati Winnicott e Bowlby. Per capire meglio l’importanza della figura dell’educatore per la crescita e lo sviluppo del bambino riteniamo necessario inquadrare questi due modelli teorici.
Per Winnicott la madre già nei primi mesi di gravidanza entra in uno stato psicologico di preoccupazione materna primaria, in cui fornisce al bambino un ambiente psichico e fisico di sostegno (holding), pone in secondo piano i propri bisogni e si sintonizza con quelli del bambino. In questo modo riesce a soddisfare i bisogni del piccolo non appena questi si manifestano (ad esempio allattare il neonato non appena questi percepisce lo stimolo della fame). In questa fase dello sviluppo il bambino attraversa uno stato di onnipotenza soggettiva in cui, essendo ancora un tuttuno con la madre, crede di poter soddisfare da solo i propri bisogni. Successivamente quando la madre esce dallo stato di preoccupazione materna primaria e inizia a “riattivare” i prorpi bisogni e desideri, il bambino sperimenta le prime frustrazioni (ad esempio l’allattamento arriva un po’ in ritardo rispetto alla sensazione di fame); ed è proprio attarverso queste frustrazioni che il bambino inizia a percepire la realtà esterna e, uscendo dallo stato di onnipotenza soggettiva, attraverso una fase di transizione – in cui si relaziona con il cosiddetto oggetto transizionale (ad esempio l’orsacchiotto di peluche o la famigerata “copertina di Linus”) – raggiunge la maturità psicologica.
Dunque per Winnicott il rapporto con la madre deve assolvere ad una duplice funzione: sostenere il bambino ed introdurlo nel mondo reale. Temi che riteniamo essenziali anche per quel che riguarda il ruolo e la funzione dell’educatore, come vedremo in seguito.
Il modello di Bowlby, la cosiddetta teoria dell’attaccamento, rappresenta tutt’oggi l’orizzonte di riferimento principale della psicologia dello sviluppo.
La teoria dell’attaccamento nasce e si sviluppa in un contesto prettamente psicoanalitico ed integra il modello psicoanalitico classico con le osservazioni comportamentali del mondo animale di stampo etologico di Lorenz, soprattutto riguardo le interazioni madre-cucciolo e madre-bambino. In particolare Bowlby riprende le osservazioni di Harlow sul comportamento delle scimmie: in una situazione sperimentale di laboratorio un cucciolo di scimmia veniva collocato di fronte a una scimmia meccanica che forniva latte e una scimmia di pezza; Harlow osservò che il cucciolo, dopo un breve periodo in cui volgeva l’attenzione alla scimmia meccanica che forniva il nutrimento, si rivolgeva esclusivamente alla scimmia di pezza, cercando contatto e calore: la motivazione primaria non era più la nutrizione, ma il contatto fisico con un corpo accogliente.
Bowlby scardina il primato delle pulsioni freudiano (libido o pulsione di vita e aggressività o pulsione di morte) ponendo al centro del comportamento e della psiche umana il sistema d’attaccamento, che diviene quindi il sistema motivazionale principale del comportamento umano.
Secondo Bowlby le interazioni tra madre e bambino (che iniziano già durante la gravidanza, e che vanno dall’abbraccio allo scambio di sguardi, alla nutrizione, alla consolazione ecc.), strutturano ciò che viene definito sistema d’attaccamento, il sistema che guiderà (anche nella vita adulta) le interazioni e gli scambi relazionali affettivi.
La funzione principale della madre è quella di fornire al bambino una base sicura: fargli sentire che esiste ed è protetto. La funzione di base sicura, che nei primi anni di vita viene assolta fisicamente dalla mamma, diviene poi, attraverso l’interiorizzazione dei comportamenti e degli affetti suscitati dalla mamma stessa, una struttura interna capace di consolare e proteggere durante tutto l’arco della vita.
Partendo dalla base sicura il bambino può iniziare a muovere i primi passi lontano dalla mamma e cominciare ad esplorare il mondo esterno e a stimolare lo sviluppo delle funzioni cognitive, certo di poter tornare in qualsiasi momento dalla mamma stessa.
In questo modo il bambino, e poi l’adulto, può sentirsi libero di allontanarsi e differenziarsi gradualmente dalla mamma, senza dover temere l’allontanamento.
Attraverso le interazioni bambino-figure d’attaccamento (scambi affettivi, abbracci, dialoghi, accudimento durante periodi di malattia, ecc. ) il bambino struttura dei Modelli Operativi Interni (MOI), ossia rappresentazioni di interazioni che guideranno lo stile d’attaccamento. Quest’ultimo caratterizza le interazioni affettive (relazioni di coppia, relazioni intime, ecc.) ed è a sua volta predittivo dello stile d’attaccamento del proprio figlio.
E’ importante sottolineare che Bowlby parla di figure d’attaccamento e non solo di madre: egli, infatti, è convinto che laddove le figure d’attaccamento primarie (i genitori e la madre in primis) falliscono, altre figure d’attaccamento significative (zii, parenti, amici, nonni, addirittura animali domestici, ecc.) possono fornire al bambino quei pattern di interazione “sani” che gli consentono di interiorizzare la funzione di base sicura e di poter esplorare l’ambiente liberamente.
Lo stile d’attaccamento può comunque modificarsi nel corso della vita attraverso relazioni affettive significative in grado di fornire “sicurezza” (come relazioni di coppia, relazioni con analisti/terapeuti, ecc.).
Bowlby classifica gli stili d’attaccamento in quattro categorie principali, che possono essere rilevate nei bambini attraverso la strange situation, creata dalla Ainsworth e collaboratori, e nell’adulto tramite l’Adult Attachment Interview, costruita dalla Main e collaboratori:
Dunque il modello di Bowlby ritiene importantissimo per lo sviluppo sano del bambino la presenza di almeno una figura d’attaccamento in grado di fornire al bambino il senso di protezione e di consolazione, ossia il porto sicuro (safe harbour) cui poter tornare dopo l’allotanamento esplorativo e su cui poter fare affidamento in un primo momento fisicamente (la mamma o altri significativi) e successivamente psichicamente (la funzione psichica interiorizzata di base sicura).