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Il tema dell’aggressività e dell’odio che Kernberg lega alla struttura narcisistica di personalità, che rappresenta il nucelo motivazionale da cui può trarre origine la spinta a compiere il fatto reato.
Kernberg (1992) definisce l’odio come “l’affetto nucleare di gravi stati psicopatologici, in particolare i gravi disturbi di personalità, le perversioni e le psicosi funzionali”. L’odio deriva dalla rabbia, l’affetto in cui spesso viene canalizzata la pulsione aggressiva, e che spesso si manifesta attraverso comportmenti violenti contro il Sé o l’altro. Talvolta l’odio può essere talmente forte da oscurare gli altri affetti legati all’aggressività, quali l’invidia e il disgusto.
La rabbia si manifesta nel bambino con una funzione biologica specifica: segnalare al caregiver uno stato di disagio al fine di sollecitare l’eliminazione di una fonte di dolore o di irritazione. Successivamente la sua funzione si evolve nell’eliminazione di un’ostacolo alla gratificazione, e l’originaria funzione biologica si trasforma nella ricerca della gratificazione stessa. In una fase ancora più avanzata avviene un ulteriore cambiamento, e la rabbia può rappresentare un disperato tentativo di ristabilire il senso di autonomia minacciato da eventi frustranti.
A livello inconscio la rabbia è legata alle rappresentazioni di relazioni oggettuali buone e cattive, e la sua funzione può essere quindi interpretata come il tentativo di ripristinare una relazione oggettuale completamente buona e di sopprimere quella cattiva persecutoria; in altre parole la rabbia è un atto di autoaffermazione che rappresenta l’identificazione con un oggetto buono idealizzato e pertanto agisce col fine di ristabilire l’equilibrio narcisistico.
L’odio è un affetto aggressivo complesso, cronico e stabile che implica forti razionalizzazioni e distorsioni delle funzioni dell’Io e del Super-io. Il suo scopo pirmario consiste nella distruzione dell’oggetto esterno, rappresentazione di una fantasia inconscia. L’odio tuttavia non sempre è patologico, esso infatti, qualora risponda ad una reale minaccia di distruzione fisica o psicologica, o di sopravvivenza di se stessi o di altri significativi, diviene una normale elaborazione della rabbia.
Quando, però, vi è una predisposizione caratteriale cronica all’odio esso riflette sempre la psicopatologia dell’aggressività, ed implica comportamenti aggressivi verso il Sé, identificato con l’oggetto odiato, come il suicidio, e verso l’altro come l’omicidio (che mira all’eliminazione dell’oggetto stesso) o tendenze sadiche (che tendono a mantenere una relazione con l’oggetto di tipo onnipotente: vittima-aggressore).
E’ questo il caso di individui che presentano una sindrome di narcisismo maligno. Fondamentale per quel che riguarda la psicodinamica dell’odio è il grado di integrazione del Super-io; soggetti che presentano un Super-io scarsamente integrato sono più inclini a commettere azioni aggressive violente.
In soggetti con una grave patologia narcisistica diviene essenziale comprendere come l’odio origini da ciò che Melanie Klein (1957) definì “invidia dell’oggetto buono”. A livello superficiale l’odio per l’oggetto invidiato viene razionalizzato nella paura del potenziale distruttivo dell’oggetto, derivato sia dalla reale aggressione inflitta nel passato, sia dalla proiezione delle propria rabbia e del proprio odio.
Kernberg, nel trattare la psicopatologia dell’odio e dell’aggressività, introduce la Sindrome di Narcisismo Maligno. Essa si colloca in un’area al limite tra il Disturbo Narcisistico di Personalità e il Disturbo Antisociale di Personalità, ed è caratterizzata da:
La psicodinamica del narcisismo maligno è complessa: tali soggetti sono dominati dai precursori sadici del Super-io che non possono venire neutralizazati dai successivi precursori idealizzati e di conseguenza il Super-io stesso risulta scarsamente integrato. Il loro Sé risulta integrato ma patologico, crudele e onnipotente. Tutto ciò fa sì che gli oggetti esterni vengano vissuti come onnipotenti e crudeli, e di conseguenza le relazioni oggettuali, anche quelle gratificanti, contengono sempre il seme di unn attacco da parte dell’oggetto stesso. Spesso tali soggetti sono stati vittime di una forte aggressivtà da parte dei genitori nella prima infanzia (Palermo, 2002).
All’interno di questa cornice dunque gli oggetti buoni sono percepiti come deboli ed inaffidabili e quindi disprezzati, quelli cattivi sono invece potenti e necessari alla sopravvivenza ma sadici ed ugualmente inaffidabili. L’unica speranza di sopravvivenza e di evitamento del dolore e della sofferenza resta quindi il proprio potere e il sadismo che permettono di controllare gli oggetti. La massima che guida il comportamento di tali soggetti è: “temere il prossimo tuo come te stesso e svalutare tutti i legami deboli con altri”.
Nella seguente tabella riassumiamo le principali caratteristiche della Sindrome di Narcisismo Maligno:
Sindrome di Narcisismo Maligno |
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Personalità |
Aspetti strutturali |
Relazioni oggettuali |
Comportamenti |
Dsturbo Narcisistico di Personalità |
Super-io non integrato: precursori sadici prevalenti
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Incentrati sul meccanismo di scissione |
Antisociali
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Dsturbo Antisociale di Personalità |
Sé grandioso, patologico, onnipotente e maligno |
Oggetti cattivi: persecutori, potenti e pericolosi |
Aggressività egosintonica etereodiretta: omicidi, sadismo, aggressioni |
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Oggetti buoni: deboli, inaffidabili e svalutati |
Aggressività egosintonica autodiretta: suicidio, automutilazioni |